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Rifacciamo il punto sulla legge di bilancio

A cura di Villiam Zanoni

Ci siamo già occupati più volte delle vicende della legge di bilancio 2017 e delle diverse novità in materia previdenziale, sottolineando le positività delle nuove flessibilità che sono state introdotte e consegnando tutte le nostre attese ai diversi provvedimenti attuativi che la norma stessa aveva previsto.

Giova nuovamente ricordare che alcune parti di quei provvedimenti sono già virtualmente operative a partire dal 1° gennaio 2017, come ad esempio il nuovo cumulo di cui al comma 187 dell’articolo 1 della legge n° 232/2016 (vedi circolare INPS n° 60/2017) e i nuovi criteri per i benefici relativi al lavoro usurante di cui al comma 206 (vedi circolare INPS n° 90/2017), mentre diverse altre sarebbero dovute entrare in vigore il 1° maggio 2017, come ad esempio l’APE volontaria di cui al comma 166, l’APE aziendale di cui al comma 172, l’APE social di cui al comma 179 e la pensione dei precoci di cui al comma 199.

 

A rischio di apparire pedante voglio ancora una volta ricordare che nel meccanismo di attuazione dell’APE volontaria al comma 170 era prevista (senza tempi prestabiliti) l’emanazione di un Decreto del MEF al fine di adottare meccanismi di semplificazione finanziaria per la gestione del prestito, al comma 175 era prevista l’emanazione di un DPCM entro 60 giorni per regolamentare l’APE volontaria preceduto dalle convenzioni fra il MEF, l’ABI e l’ANIA per la definizione del tasso di interesse e del costo assicurativo, al comma 176 era prevista la stipula di una convenzione fra l’INPS, il MEF e il Ministero del lavoro per la gestione del fondo di garanzia, al comma 185 era prevista l’emanazione di un DPCM entro 60 giorni per regolamentare l’APE social, al comma 202 era prevista l’emanazione di un DPCM entro 60 giorni per regolamentare l’accesso a pensione per i lavoratori precoci e al comma 202 l’emanazione di un Decreto di concerto fra il Ministero del lavoro e il MEF entro 60 giorni per regolamentare i nuovi criteri per i lavori usuranti.

Ebbene, di tutto quel pacchetto le uniche due cose venute alla luce sono i due DPCM relativi all’APE Social e ai lavoratori precoci, il cui primo schema reca la data del 18 aprile, ma la versione finale, dopo le osservazioni del Consiglio di Stato, è stata firmata il 22 maggio, ma al momento (30 maggio) non sono ancora stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale per quanto siano ormai noti i suoi contenuti.

Non risulta al momento che l’altro DPCM relativo all’APE volontaria sia stato né varato, né inviato al Consiglio di Stato per il relativo parere.

Se qualcuno aveva ancora dubbi sulla farraginosità della nostra burocrazia e quanto potere regolamentare la stessa voglia mantenere, può togliersi lo sfizio di andare a leggere i due copiosi pareri del Consiglio di Stato (n° 748/2017 per l’APE social e n° 758/2017 per i lavoratori precoci) redatti entrambi nella adunanza del 26 aprile 2017 e confrontarli con i testi finali che hanno solo in parte recepito alcune osservazioni.

In entrambi i pareri c’è una piccata premessa dei giudici del C.d.S. in ordine alla procedura d’urgenza che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto di adottare, sulla quale si sottolinea che i testi sono innanzitutto stati trasmessi in prossimità della data di entrata in vigore della normativa (1° maggio), ma soprattutto ben dopo i 60 giorni previsti dalla legge di bilancio, evidenziando su chi ricade la responsabilità dei ritardi.

Fra l’altro, letto il testo come “comuni osservatori” non c’è nulla che giustifichi tale ritardo, poiché le poche novità che evidenzieremo potevano già essere scritte o nella stessa legge di bilancio, o quantomeno qualche giorno dopo.

Già è diversa la vicenda dell’APE volontaria per la quale ovviamente occorrerà avere acquisito preliminarmente le convenzioni fra il MEF, l’ABI e l’ANIA, ma anche qui la dimensione del  ritardo acquisito non ha giustificazioni di sorta.

L’altra cosa curiosa che evidenzia quanto qualcuno faccia di tutto per legittimare la propria funzione ed il proprio operato è quell’altra parte, altrettanto copiosa, dei pareri del C.d.S. dedicata al rapporto fra “normativa primaria” (la Legge) e “normativa secondaria” (i Decreti attuativi), laddove appunto il C.d.S. reputa addirittura dannoso il replicare in una norma di rango secondario quanto è già regolamentato nella norma di rango primario.

Ma andiamo alla parte di novità.

Ovviamente tutta la regolazione primaria conteneva già tutti i requisiti richiesti per le diverse prestazioni e le relative misure, per cui dai decreti non abbiamo rilevato ulteriori novità, se non una importante precisazione.

Sia per perfezionare i 30 o i 36 anni ai fini dell’accesso all’APE social, sia per perfezionare i 41 anni ai fini della pensione per i precoci, in caso di titolarità di contribuzione versata in diverse gestioni, i requisiti stessi sono realizzabili attraverso il meccanismo del cumulo fra le diverse contribuzioni presenti nel regime generale (AGO), nelle gestioni dei lavoratori autonomi, nella gestione separata, nei fondi sostitutivi ed esclusivi, mentre le contribuzioni versate nella casse professionali sono utilizzabili solo ai fini della pensione dei precoci.

In tal caso, ovviamente, la pensione complessiva sarà costituita dalla sommatoria delle diverse quote calcolate secondo le disposizioni di ciascun ordinamento.

In ordine ai requisiti richiesti per l’accesso ad entrambi i percorsi, va evidenziato come il primo schema di DPCM avesse incluso fra i “disoccupati” anche soggetti non aventi diritto agli ammortizzatori sociali o lavoratori agricoli, ma recependo una giusta osservazione del C.d.S. tale previsione è stata rimossa.

Si stava discutendo alla Camera dei Deputati per inserire quella previsione in una norma di “rango primario” (ad esempio nella legge di conversione del D.L. n° 50/2017 sulla manovra correttiva), ma mentre nel parere della Commissione Lavoro era stata inclusa, nel testo della Commissione Bilancio presentato dal relatore, su cui il Governo ha chiesto la fiducia, non c’è nulla in proposito.

Un’altra precisazione in entrambi i decreti è riferita a coloro che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente, portatore di handicap grave: si inserisce una specifica che la legge di bilancio aveva dimenticato, e cioè l’equiparazione fra coniuge e parte dell’unione civile fra soggetti dello stesso sesso.

Invece nel solo decreto riferito all’APE social si precisa che un familiare portatore di handicap può generare un solo accesso all’APE.

Sul versante dei lavori gravosi che consentono l’accesso ad entrambi i percorsi le novità sono due.

La prima è stata già inserita nella cosiddetta manovrina (D.L. n° 50/2017 la cui conversione in legge è in corso alla Camera dei Deputati), il cui articolo 53 ha precisato che al fine di individuare i “6 anni continuativi” di attività gravosa si tiene conto anche delle eventuali interruzioni non superiori a 12 mesi, a condizione che la stessa attività sia poi stata svolta nel 7° anno precedente in misura almeno pari alle sospensioni.

La seconda novità riguarda l’elenco dei lavori gravosi che in un allegato ad entrambi i decreti ha visto inserire una serie di precisazioni in ordine alle attività e alle mansioni che assumono rilevanza, e soprattutto la previsione che le stesse attività, tranne quelle degli infermieri e delle ostetriche e degli insegnanti di scuola pre-primaria, siano coperte da assicurazione INAIL con un tasso di premio non inferiore al 170/00.

Il vero volto della burocrazia lo vediamo poi nella definizione della tempistica delle domande e della documentazione da produrre a corredo delle domande.

Sulla tempistica per la presentazione delle domande è confermato il doppio binario che già era stato annunciato al tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, per cui per coloro che perfezioneranno i requisiti entro il 31 dicembre 2017 la richiesta di riconoscimento delle condizioni di accesso dovrà essere presentata all’INPS entro il 15 luglio 2017 (originariamente era il 30 giugno e il C.d.S. aveva suggerito il 31 luglio), mentre per coloro che perfezioneranno i requisiti entro il 31 dicembre 2018 la richiesta dovrà essere presentata in date diverse a seconda dei benefici:

-       per l’accesso all’APE social la domanda andrà prodotta entro il 31 marzo 2018;

-       per l’accesso alla pensione dei precoci la domanda andrà prodotta entro il 1° marzo 2018.

Decorsi tali termini, le domande che verranno presentate entro il 30 novembre di ciascun anno verranno prese in considerazione solo nei limiti delle eventuali risorse finanziarie disponibili.

La procedura prevede poi che l’INPS dovrà rispondere al lavoratore entro il 15 ottobre per l’anno 2017 ed entro il 30 giugno per l’anno 2018, comunicando:

  1. il riconoscimento delle condizioni e la prima decorrenza utile;
  2. il riconoscimento delle condizioni e il differimento della decorrenza in relazione alle disponibilità finanziarie;
  3. il rigetto della domanda per assenza delle condizioni.

Solo dopo l’accoglimento della prima domanda di riconoscimento dei requisiti potrà poi essere presentata all’INPS la domanda per l’accesso o all’APE social o alla pensione anticipata dei precoci.

C’è poi una novità anche in merito alla decorrenza della prestazione che normalmente avverrà dal mese successivo alla domanda stessa, tranne che per il 2017 nel quale, sussistendone tutte le condizioni, per le domande presentate entro il 30 novembre 2017 la prestazione potrà anche avere decorrenza retroattiva e comunque non antecedente il 1° maggio. Quest’ultima precisazione coglie una ovvia osservazione del C.d.S. relativa ai ritardi della regolamentazione nel 2017 di cui ci siamo già lamentati, ma non risolverà il problema per l’anno 2018 nel corso del quale difficilmente vedremo delle prestazioni liquidate nei primi 6 mesi anche per chi avesse già tutti i requisiti da inizio anno.

In tutto questo percorso c’è poi da sperare che non ci metta lo zampino anche l’INPS che ovviamente dovrà innanzitutto redigere le circolari applicative e predisporre tutta la modulistica che non potrà che essere prodotta in via telematica. Il presidente Boeri ha rassicurato che le circolari sono già pronte e sono in grado di vararle non appena i decreti saranno pubblicati. Ci auguriamo che sia così.

E’ però sulla documentazione richiesta che la burocrazia manifesta tutta la sua struttura coriacea.

A tale proposito merita di essere riportato un passaggio dei pareri del C.d.S. dove si chiarisce lo scenario normativo vigente.

<<Peraltro, la previsione degli oneri documentali in esame contraddice anche l’esito delle procedure di consultazione con le associazioni sindacali, da cui è emersa, come riportato dalla scheda A.I.R. (ndr: Analisi di Impatto della Regolamentazione), l’esigenza di un sistema di certificazione dei requisiti tale da non onerare eccessivamente i soggetti richiedenti, attraverso l’acquisizione delle informazioni da parte degli enti interessati al procedimento accertativo, residuando in capo ai richiedenti l’onere di allegazione dei soli documenti che non possono essere rinvenuti autonomamente dagli enti medesimi.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 40, comma 01, D.P.R. n° 445 del 2000, “le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47”.

La norma è ribadita nell’articolo 18, commi 2 e 3, della legge n° 241 del 1990, ai sensi del quale:

a) “i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti istituzionalmente da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti” (comma 2);

b) “parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa pubblica amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare” (comma 3).>>

Ebbene, è normale che si chiede al lavoratore di produrre copia della lettera di licenziamento, o delle dimissioni per giusta causa, per i disoccupati, che si chieda di autocertificare la condizione di assistente di soggetto handicappato, che si chieda di dichiarare le mansioni svolte allegando una busta paga o il contratto di lavoro per le mansioni gravose, mentre non è normale che si chiedano cose già in possesso della Pubblica Amministrazione.

Ma se c’è stata la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro il verbale è già in possesso della D.T.L. (Ministero del Lavoro) presso la quale lo stesso è stato redatto, se un familiare ha l’handicap grave il verbale gli è stato notificato dall’INPS, se il lavoratore è disabile almeno al 74% il verbale che lo attesta gli è stato notificato dall’INPS.

Allora per quale maledetto motivo il richiedente l’APE social o la pensione come precoce deve allegarne una copia alla domanda?

Con l’augurio che l’INPS non introduca altri balzelli all’interno delle proprie circolari, rimaniamo in fiduciosa attesa dell’evoluzione della vicenda.

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