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L’opzione donna è arrivata all’ultimo traguardo

a cura di Villiam Zanoni

Come è noto, fin da quando è iniziata la sperimentazione introdotta dall’articolo 1, comma 9, della legge n° 243/2004, per consentire alle donne di accedere a pensione prima dei nuovi traguardi fissati prima dalla riforma Maroni e successivamente da ulteriori disposizioni fino alla riforma Fornero, la vicenda dell’opzione donna ha arricchito le cronache. Si è trattato di una vicenda che ha alimentato molte attese ma che ha anche creato molte delusioni, in particolare quando si arrivava a fare i conti del trattamento pensionistico.

Ovviamente nei primissimi anni di applicazione la penalizzazione derivante dal calcolo contributivo ne ha condizionato pesantemente l’accesso (fino al 2011 sono state liquidate solo 1951 pensioni), soprattutto perché la bilancia pendeva tutta a favore della continuità del rapporto di lavoro, vista anche l’esigua differenza fra l’età minima dei 57 anni e quella pensionabile dei 60 anni o 61 anni.

Lo scenario cambiò radicalmente per le donne del settore pubblico quando la Corte di Giustizia Europea con la sentenza n° 46 del 2008 e le conseguenti normative (prima il D.L. n° 78/2009 convertito in legge n° 102/2009, poi il D.L. n° 78/2010 convertito in legge n° 122/2010) portarono già dal 2012 un innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni.

Già in quello scenario modificò radicalmente l’equilibrio fra penalizzazione e tempo di anticipo della pensione, situazione ulteriormente aggravata dalla riforma Fornero la cui entrata in vigore andava a soprapporsi alla precedente evoluzione normativa, coinvolgendo fra l’altro anche le lavoratrici private.

Se quindi nei primi 4 anni poche furono le lavoratrici che si avvalsero di quella opportunità, lo scenario è radicalmente mutato nei 4 anni successivi con accessi numericamente molto più rilevanti (fra il 2012 e il 2015 furono liquidate quasi 47.000 pensioni).

Nel frattempo ci siamo divertiti a complicarci la vita sul versante interpretativo e normativo transitando attraverso le seguenti tappe:

-          la circolare n° 35/2012 dell’INPS, su indicazione del Ministero del Lavoro, blindò l’applicazione prevedendo che fosse necessario far decorrere materialmente la pensione entro il 31.12.2015;

-          successivamente il messaggio n° 9231 del 28 novembre 2014 (non pubblicato) fece alcune confuse aperture;

-          queste furono confermate con una nota diffusa con una PEI (posta elettronica interna) del 25 settembre 2015 dalla quale emerse che, una volta perfezionati i requisiti e la relativa decorrenza entro il 31.12.2015, la lavoratrice avrebbe potuto poi accedere successivamente a pensione in qualsiasi momento;

-          con la legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 281, legge n° 208/2015) il 31.12.2015 divenne non più la decorrenza necessaria, bensì il conseguimento del diritto, fermo restando il principio sopra evidenziato.

Ovviamente nel frattempo l’unico problema era rimasto legato al fatto che dal 2013 al requisito di età anagrafica è stata applicata la dinamica della speranza di vita facendolo divenire pari a 57 anni e 3 mesi, escludendo quindi una fetta di lavoratrici.

Dopo infinite discussioni e bizantinismi normativi siamo finalmente arrivati a risolvere anche tale problema attraverso la legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 222 e 223, della legge n° 232/2016) attraverso la quale andiamo appunto a recuperare anche tale ultima fetta di lavoratrici.

Il contesto è molto esplicito e la dizione normativa non presta il fianco ad alcun dubbio interpretativo: “Al fine di portare a conclusione la sperimentazione di cui all’articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la facoltà prevista dal medesimo articolo 1, comma 9, è estesa alle lavoratrici che non hanno maturato entro il 31 dicembre 2015 i requisiti previsti dalla stessa disposizione per effetto degli incrementi della speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Tradotto in un contesto semplice significa recuperare le lavoratrici dipendenti nate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1958 e le lavoratrici autonome nate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1957 che ovviamente non avevano maturato quei 3 mesi in più.

Tuttavia, poiché nel frattempo la dinamica della speranza di vita ha aggiunto altri 4 mesi, le lavoratrici che rientrano nei parametro sopra ricordati avranno maturato il diritto a pensione con l’opzione donna alle seguenti condizioni:

-          maturazione dei 35 anni di anzianità contributiva alla data del 31.12.2015;

-          compimento dei 57 anni e 7 mesi di età (58 anni e 7 mesi per le autonome);

-          superamento della “finestra” di 12 mesi (18 mesi per le autonome).

Tutto questo ovviamente avverrà nel corso del 2017, per le prime coinvolte avverrà da luglio 2017, fermo restando rimane confermato il fatto che da quella data in poi potranno poi decidere di accedere a pensione in qualsiasi data successiva.

Tutto questo scenario è tranquillamente confermato nel messaggio n° 1182 del 15 marzo 2017 emanato dall’INPS, dal quale fra l’altro apprendiamo, questa volta ufficialmente, la possibilità di accesso a pensione senza alcun vincolo.

I contenuti del messaggio non sono infatti nulla di sconvolgente, ma la sua unicità rispetto al percorso sopra evidenziato è rappresentata dal fatto che “finalmente” viene pubblicato sul sito dell’istituto ed è patrimonio di tutti, come dovrebbe accadere per tutte le notizie che hanno rilevanza sui diritto degli utenti.

 

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