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Abemus l’APE volontaria

di Villiam Zanoni

Dopo lunga e faticosa attesa è finalmente arrivato al traguardo lo strumento di anticipazione volontaria della pensione attraverso l’A.Pe., anche se in questo caso l’acronimo tradisce il vero senso dello strumento assumendo una valenza molto generica. Infatti l’A.Pe. (Anticipo Pensionistico), introdotto sperimentalmente per un biennio, in verità ricomprende al proprio interno degli strumenti che sono tutt’altro rispetto alla pensione vera e propria, anche se tutto deriverà dal diritto (anagrafico e contributivo per la pensione di vecchiaia) e dall’importo della pensione attesa.

Anche la cosiddetta A.Pe. Social, che in verità la stessa legge definisce “indennità” (articolo 1, comma 179, della legge n° 232/2016), altro non è che una sorta di ammortizzatore sociale destinato ad alcune figure particolari del mondo del lavoro prossime alla pensione di vecchiaia, tant’è che non ha alcun carattere di onerosità.

Di nuovo la cosiddetta A.Pe. volontaria, che la legge definisce specificatamente “anticipo finanziario a garanzia pensionistica” (articolo 1, comma 179, della legge n° 232/2016), altro non è che un nuovo strumento finanziario attraverso il quale il lavoratore otterrà una determinata somma di denaro e cederà a garanzia della restituzione una parte della futura pensione.

Il percorso normativo è stato abbastanza complesso poiché alla legge di bilancio 2017 già citata si è poi aggiunto il DPCM n° 150/2017 che ha regolamentato gli elementi di dettaglio, ma poi tutto si è arenato a fronte della necessità di adottare altri strumenti attuativi.Nel meccanismo di attuazione dell’APE volontaria, infatti, al comma 170 della legge di bilancio 2017 era prevista (senza tempi prestabiliti) l’emanazione di un decreto del MEF al fine di adottare meccanismi di semplificazione finanziaria per la gestione del prestito, al comma 175 era previsto che dopo il DPCM fossero definite dalle convenzioni fra il MEF, l’ABI e l’ANIA per la definizione del tasso di interesse e del costo assicurativo, al comma 176 era prevista la stipula di una convenzione fra l’INPS, il MEF e il Ministero del lavoro per la gestione del fondo di garanzia.

Abbiamo in seguito appreso dagli organi di informazione che le convenzioni erano state sottoscritte ma la loro approvazione aveva poi trovato gli ostacoli posti dall’Autorità per la garanzia dei dati personali, posto che nelle diverse procedure è previsto che il lavoratore produca una serie di dati abbastanza sensibili.

Ovviamente i tempi si sono allungati, e visto che la sperimentazione relativa all’anno 2017 è di fatto andata a farsi benedire, nel frattempo abbiamo portato a casa la proroga della sperimentazione stessa a tutto il 2019 con la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 162, della legge n° 205/2017.

Ora finalmente il percorso si è chiuso con l’emanazione della circolare dell’INPS n° 28 del 13 febbraio 2018 e la contemporanea messa in linea sul sito internet dell’INPS del simulatore di calcolo e della procedura per l’inoltro delle istanze.

Va subito detto che per chi volesse avventurarsi nella simulazione l’approccio appare abbastanza semplice, compreso l’inoltro della richiesta di certificazione, anche se il tutto poggia su una struttura sottostante abbastanza complessa.

Procedendo con ordine, come abbiamo più volte ricordato, si tratta di una operazione che agisce solo sulla pensione di vecchiaia, tant’è che la condizione fondamentale è legata ad una età non inferiore a 63 anni associata al possesso di almeno 20 anni di contribuzione, fermo restando che la durata dell’anticipo pensionistico non può essere superiore, in linea di principio, a 3 anni e 7 mesi né inferiore a 6 mesi.

Va anche premesso che lo strumento in esame è a disposizione di tutti lavoratori dipendenti, pubblici o privati, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria o ad una delle forme sostitutive ed esclusive, di tutti i lavoratori autonomi e dei soggetti iscritti alla gestione separata; non coinvolge mai invece i liberi professionisti iscritti alle rispettive Casse o Gestioni.

Nessun problema sul requisito anagrafico che di fatto dovrà anche seguire la dinamica della speranza di vita, mentre sul versante del requisito contributivo occorrerà tenere presente alcune particolari situazioni.

Innanzitutto la generalità del termine “20 anni di contribuzione” fa riferimento alla complessità delle contribuzioni accreditate (obbligatorie, figurative, volontarie, da riscatto, da ricongiunzione) di cui il soggetto è titolare, ma essendo un accertamento preventivo rispetto al momento in cui verrà liquidata la pensione di vecchiaia, in sede di certificazione non potrà essere valutata alcuna maggiorazione contributiva.

In tale contesto va però fatta una precisazione rispetto ai riscatti e alle ricongiunzioni.

Ovviamente se l’onere a suo tempo richiesto per effettuare l’operazione è stato definitivamente estinto, la relativa contribuzione è utile senza alcuna limitazione; se invece è ancora in corso il pagamento rateale le soluzioni sono radicalmente diverse.

In caso di ricongiunzione, infatti, la relativa contribuzione è utile solo previo versamento integrale del debito residuo, altrimenti non è rilevante; in caso di riscatto è invece utile il periodo proporzionalmente coperto dalle rate già versate, mentre è utile per intero il periodo riscattato previo versamento in unica soluzione delle rate residue.

La situazione più complicata è invece quelle di coloro che hanno contribuzione versata in diverse gestioni.

Trattandosi, si ripete, di gestire l’accesso a qualcosa che non è una pensione, in sede di A.Pe. volontaria non sono applicabili, sia ai fini del diritto che ai fini della misura, né le norme sulla totalizzazione con periodi di lavoro all’estero, né le norme sul computo in gestione separata, né le norme sulla totalizzazione italiana, né le norme sul cumulo.

Ne deriva che coloro i quali hanno contribuzione in diverse gestioni che non è stata oggetto di ricongiunzione, qualora in nessuna gestione potessero far valere i predetti 20 anni, non potranno accedere all’A.Pe. volontaria anche se avessero, ad esempio, complessivamente 40 anni di contribuzione, mentre coloro i quali avessero 20 anni di contribuzione in una gestione e altri spezzoni in altre gestioni potranno accedere all’A.Pe. volontaria che sarà però commisurata alla pensione teorica della sola gestione in cui possono far valere almeno 20 anni.

Una volta accertato il possesso dei requisiti e stabilita la decorrenza dell’A.Pe. volontaria potenziale, tenuto conto che la durata non può comunque superare i 3 anni e 7 mesi in base alle norme vigenti alla data di accesso, l’INPS emetterà la certificazione dalla quale si conosceranno, oltre ai suddetti elementi, l’importo minimo e massimo al quale il lavoratore potrà avere accesso.

Il minimo è stabilito dalla norma in misura pari a 150 euro, mentre il massimo ottenibile ha due soli parametri di definizione:

 

  • da un lato l’importo della pensione virtuale calcolata al momento dell’accesso al netto delle ritenute IRPEF, previa applicazione della detrazione per redditi da pensione, e della addizionale regionale;
  • dall’altro la durata della erogazione che darà luogo ad una percentuale del suddetto trattamento netto, pari al:
  • 90% se la durata è compresa fra 6 e 11 mesi;
  • 85% se la durata è compresa fra 12 e 24 mesi;
  • 80% se la durata è compresa fra 25 e 36 mesi;
  • 75% se la durata è superiore a 36 mesi.

 

Al capitale che mese per mese verrà anticipato dalla banca prescelta si aggiungerà poi il costo degli interessi (la cui entità è stata al momento comunicata dall’ABI nella misura pari al 2,838% nella fase di erogazione del prestito e nel 2,938% nella fase di ammortamento) e il costo di una copertura assicurativa contro il rischio premorienza (la cui entità è stata ipotizzata, sulla base della convenzione stipulata fra il MEF e l’ANIA, nella misura del 30-32%), nonché il costo dell’accesso al fondo di garanzia che è stato fissato nella misura del 1,6%. Il tutto darà poi luogo ad una trattenuta sulla pensione finale per una durata di 20 anni (240 rate).

Una condizione nota fin dall’inizio è che l’importo della pensione finale, al netto della trattenuta, non potrà essere inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo di pensione (710,39 euro mensili), fermo restando che la trattenuta per la restituzione dell’A.Pe., sommata ad altre posizioni debitorie del soggetto che possano gravare sulla pensione futura, non potrà superae il 30% della pensione stessa.

L’unica agevolazione prevista è uno sgravio fiscale che verrà erogato sotto forma di un “credito di imposta” la cui entità sarà pari al 50% di 1/20 della componente accessoria del prestito (interessi e, assicurazione) e che verrà applicato direttamente dall’INPS mese per mese attraverso la riduzione della rata da trattenere.

Tornando alle procedure già citate, se è relativamente semplice utilizzare il simulatore e chiedere la certificazione, direttamente da parte del lavoratore o tramite un ente di patronato, non è così invece per la presentazione della istanza vera e propria di erogazione del prestito.

Va però anche sottolineato che l’INPS ha chiarito che la certificazione è unica, nel senso che una volta ottenuta non potrà né essere modificata né essere replicata, per cui prima di presentarla è bene essere del tutto consapevoli di ciò che si va a chiedere. Se ad esempio venisse richiesta per curiosità e il lavoratore decidesse di accedere all’A.Pe. un anno dopo, tutte le valutazioni economiche restano congelate al momento della presentazione della certificazione stessa.

Per la presentazione dell’istanza è invece necessario che il lavoratore sia dotato di uno SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di secondo livello, per cui tutti coloro che fossero interessati alla procedura è bene che si muniscano per tempo di tale strumento attraverso i soggetti abilitati (Identity provider: Aruba, Infocert, Intesa, Namirial, Poste, Register, Sielte o Tim). Per eventuali informazioni è consultabile il sito internet <spid.gov.it/richiedi-spid>.

Superato tale ostacolo, dato per scontato che ormai applicheremo l’incremento della speranza di vita di 5 mesi dal 2019 e che quindi si potrà accedere all’A.Pe. dall’età di 63 anni e 5 mesi, dovrà anche essere valutata l’opportunità di coprire con un ulteriore finanziamento l’eventuale ulteriore futuro allungamento dell’età pensionabile che si ricorda essere stimato in 3 mesi per il 2021 e in un mese per il 2023.

Se il lavoratore chiederà di coprire anche tale periodo ovviamente il prestito aumenterà e di conseguenza anche la rata di restituzione, altrimenti finita l’erogazione dell’A.Pe. dovrà scontare un periodo di scopertura fino all’età pensionabile.

Per concludere, al fine di tenere conto di tutti gli elementi necessari, il soggetto dovrà attentamente valutare anche gli effetti fiscali dell’operazione.

Da un lato, infatti, c’è un aspetto positivo derivante dal fatto che l’A.Pe. volontaria, essendo un prestito, non costituisce reddito ai fini fiscali per cui il lavoratore potrebbe diventare familiare a carico del coniuge con le relative detrazioni di imposta, oppure potrebbe accedere più facilmente a determinati benefici correlati al reddito (ISEE, ticket sanitari, ecc..).

C’è però anche un effetto negativo correlato ad eventuali deduzioni o detrazioni di cui il soggetto fruiva (ad esempio per ristrutturazioni edilizie o interventi di efficientamento energetico), poiché tali benefici sono fruibili solo in presenza di una IRPEF positiva.

L’altro elemento interessante è legato al fatto che l’A.Pe. volontaria, per la sua natura, al contrario dell’A.Pe. sociale o della pensione vera e propria, non presuppone la cessazione della attività lavorativa, per cui potrebbe diventare anche una sorta di integrazione al reddito in particolare per coloro che valutassero l’opportunità di ridurre l’attività lavorativa in prossimità del diritto alla pensione di vecchiaia, ad esempio transitando a part-time.

L’APE aziendale ha strutturalmente le stesse caratteristiche dell’APE volontaria, ma potrebbe differenziarsi semplicemente per il fatto che sarà il datore di lavoro a farsi carico di tutto o parte dell’onere corrispondente al prestito.

Per come è costruita è ovvio che riguarderà unicamente i lavoratori dipendenti del settore privato e tutt’al più degli enti pubblici economici, per cui in questa sede  non andiamo oltre.

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